Storia della Chiesa di Santa Lucia
L’edificio dell’ex chiesa di S.Lucia, attuale sede del Museo Civico “Umberto Mastroianni”, è conosciuto localmente come “Tempio Gotico” o “chiesone” per le sue notevoli dimensioni e per l’uso profano cui è stato destinato nel corso dei secoli dopo la sua sconsacrazione. Restituito da poco alla cittadinanza dopo un lungo e paziente lavoro di restauro eseguito dalla Provincia di Roma, si può annoverare come una tra le più importanti testimonianze architettoniche del passato cittadino. Dalla sua fondazione si sono susseguiti interventi e rifacimenti che ne hanno modificato via via la forma e le dimensioni, coincidenti con la storia di Marino: dall’epoca romana al borgo medioevale, dai principi Colonna all’Unità d’Italia, per arrivare ai nostri giorni. La chiesa sorge sul punto più alto dell’abitato medioevale arroccato su uno sperone di peperino che si allunga verso l’Agro Romano, nei pressi si elevava l’antica rocca dei Frangipane, con cui presenta analogie per tecniche costruttive e materiali utilizzati, La sua fondazione, secondo i frammenti di un’epigrafe studiata dal Seccia Cortes nel 1915, viene fatta risalire al 1102 mentre nel 1225 si segnalano i primi restauri, forse finanziati da Jacopa de’ Settesoli, sposa di Graziano Frangipane proprietario del castello e amica di S. Francesco, che aveva conosciuto a Roma nel 1212. Insieme con la chiesa di S. Giovanni databile al XIII secolo (di cui sono rimaste solo alcune strutture murarie inglobate nelle costruzioni attuali) che sorgeva all’altro capo del centro abitato nel quartiere chiamato il “Castelletto”, era uno dei due poli religiosi del borgo medioevale; entrambe furono chiuse e sconsacrate nel 1669, in concomitanza con la costruzione della Collegiata di S. Barnaba. Dopo la soppressione seguì un lungo periodo di spoliazione e decadimento, divisa tra vari proprietari fu adibita a lanificio, fienile, tinello. Nel 1850 passò ai Frati Missionari del Preziosissimo Sangue che la riaprirono la culto, ma dopo il 1870 l’edificio è compreso tra i beni demaniali e nuovamente utilizzata per scopi profani, tra i quali sala per spettacoli, Casa del Fascio e rifugio per gli sfollati. Infine nel 1974 venne venduta dal Demanio al Comune di Marino come sede di manifestazioni culturali. La chiesa sopraelevata rispetto alla quota delle strade circostanti si presentava, nella sua fase finale, con un impianto basilicale a tre navate e abside centrale, con l’ingresso che avveniva tramite una scalinata da via S.Lucia, uno degli assi viari medioevali più importanti del paese. Attualmente sono rimaste solo la navata centrale e la destra in cui si aprono due cappelle, mentre la sinistra è occupata da costruzioni civili e dall’entrata attuale. L’interno che mostra un carattere gotico, conferito dagli arconi a sesto acuto su cui poggiano i muri portanti il tetto a capriate, è il risultato dei rifacimenti e delle ricostruzioni, alcune delle quali messe in luce durante i restauri. La chiesa, nel suo aspetto originario, si presentava con il soffitto più basso ed con una serie di archi a tutto sesto che dividevano le campate, questa fase è testimoniata da alcuni pilastri ed un grande arco a tutto sesto costruiti con conci di peperino non molto grandi. Successivamente le pareti furono affrescate, dietro i primi due archi gotici sono stati scoperti due frammenti di affresco raffiguranti: un santo vegliardo (S. Onofrio?) databile agli inizi del XVI secolo, vestito solamente dei capelli e della barba e con aureola raggiata a rilievo e una parte di decorazione, entrambi ora staccati ed esposti al pubblico. Mentre nel pavimento, che sembra dovesse essere del tipo “cosmatesco”, erano state deposte numerose sepolture coperte da lastre tombali marmoree. Nel corso del ‘300 l’edificio fu radicalmente restaurato, si rialzarono le pareti, si costruirono i grandi archi a sesto acuto e si dette l’aspetto che ha mantenuto fino ad ora. Una vera e propria rivelazione è stata quella di scoprire che la chiesa fu eretta su un edificio preesistente, una cisterna di epoca romana. Costituita da un locale a pianta quadrata con quattro pilastri centrali rettangolari, portanti un sistema di volte, venne costruita con scaglie di selce e tufo ed impermeabilizzata con cocciopesto. L’accesso era forse costituito da una vera in peperino posta sul lato nord del soffitto, mentre un foro nell’angolo sud-est del pavimento doveva servire allo svuotamento completo della cisterna per permetterne la manutenzione. Alcune indagini compiute durante i restauri all’esterno del lato est, hanno permesso inoltre di scoprire anche un vasto sistema di cunicoli e grotte, da porre in relazione con la cisterna. Successivamente l’ambiente fu riutilizzato come luogo di culto cristiano, sul lato est venne costruito un gradino rialzato di circa 10 cm. rispetto al pavimento, con al centro la traccia di un elemento circolare probabile sostegno di una mensa d’altare; vicino a questo, infisso nel gradino, c’è un tubo di terracotta da mettersi verosimilmente in relazione ai riti che si svolgevano all’interno del locale. Sulla parete in corrispondenza del gradino, si conservano alcuni lacerti di un affresco delimitato da un riquadro dipinto. In esso si distinguono ancora alcune figure appartenenti all’iconografia cristiana, simili stilisticamente agli affreschi trovati nella chiesa superiore, mentre al centro c’è l’impronta di un elemento lapideo rimosso successivamente. L’unico accesso al vano, in questo periodo, si trova sul lato ovest con un’apertura rialzata di alcuni gradini rispetto al pavimento, mentre sul lato nord furono aperte tre piccole finestre a bocca di lupo con l’intento di illuminare l’interno. Nello scavo dell’ambiente sono stati recuperati anche numerosi reperti archeologici, conservati momentaneamente presso i magazzini del Museo dell’Abbazia di Grottaferrata, riguardanti sia la decorazione medioevale della chiesa, che corredi tombali. Finora le indagini non hanno chiarito se fosse esistita comunicazione tra i due luoghi sacri, che sicuramente hanno convissuto per un certo lasso di tempo. Il proseguimento degli studi e delle ricerche, che si auspica riprendano al più presto, porterà sicuramente a sciogliere gli interrogativi che sono stati posti da queste scoperte, contribuendo così a meglio definire la topografia del sito in epoca romana e medioevale.